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Minù è scomparsa
Un promontorio di nebbia si allunga nei nostri cervelli, e lì dentro si aggira l’animale smarrito in un tempo lontano. Talvolta la sera, prima del sonno, ci scende una lacrima, ma non sappiamo il perché.
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Al sicuro
25 dicembre, neanche mezzogiorno. Cielo grigio, nebbia e umidità. Poca gente per strada. Famiglie. Portano pacchetti, bottiglie con la stagnola d’oro, vassoi di pasta fresca, il necessaire per il pranzo coi parenti. Una specie di silenzio gocciola dai tetti. Su un lato della piazzetta una luce giallognola, una vetrina, un bar popolato soltanto da uomini […]
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Sorriso
Quell’arancia appoggiata su un piattino. Vedo la mano di una vecchia uscire e lentamente, lentamente prendere l’arancia e portarla dentro. Il suo volto è un geroglifico di rughe che si intravede dietro il vetro su cui giace il piombo dei decenni. La stanza è spoglia, annerita, quasi nebbiosa. La vecchia siede a un tavolo di […]
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Quell’uomo
Curvo ma rigido, rigido ma piegato. Quei sacchetti allungati, dilatati come un’agonia. Quelle gambe lunghe che paiono meccaniche, articolate da giunti e bulloni. Quelle poche cose comprate che contende alla gravità con le dita a uncino. Quella gravità che lo strappa via dal cielo e lo incurva come un ramo stanco. La giacca ha preso […]
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Altalena
Attraversavo un minuscolo parco urbano, questa mattina. Era deserto, bagnato di rugiada e sbiancato da un sole pallido. Solo una bambina bionda, sugli otto anni, dondola forte sull’altalena. È vestita con cura, come quelle bimbe dipinte su certe tazze inglesi. Come si muove, inarcando la schiena. Come gode quel movimento ampio. Intorno, nessuno. Silenzio. Auto […]
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Che ne sarà
Camminando in una via qualunque il mio sguardo cade su una fotocopia sbiadita che pende dal palo di un segnale stradale: “Kevin e Samantha sposi”. Le recenti piogge hanno incurvato e ingrigito il foglio, che porta la data di quasi un mese fa. Non ricordo bene, ma credo che quel giorno fosse una domenica di […]
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Il presepe e la fine del mondo
Una umanità pervicacemente dedita ad accudire qualcosa con alacre impegno. Non vedo più una città, ma un immenso presepe vivente, e noi, figure di mestieri infiniti, ciascuna nel suo darsi da fare, attaccate come edera al proprio accudire qualcosa. Ci tiene vivi, anche se dovesse servire solo a questo. Al centro del presepe c’è attesa, attesa non del Bambino, ma della fine della nostra illusione di civiltà.
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Violenze di generazione
Non si va alla spiaggia perché piove a dirotto e dal muro troppo sottile che mi separa dall’appartamento a fianco sento una mamma che gestisce la bambina nell’esecuzione dei compiti per le vacanze. La povera bambina viene trattata malissimo, con disprezzo… la sua voce è piccola piccola, quasi impercettibile, mentre sento distintamente i toni alti […]
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Analità del male
Siamo entrati nell’era della analità del male: è incalcolabile la quantità di micronorme da rispettare, di adempimenti da ricordare, di moduli da compilare. Il secondo aspetto maligno riguarda il tono moralistico che pone chiunque nel ruolo di colpevole di omissioni e imprecisioni. Vale per il cittadino, ma vale anche per gli Stati, che da qualche tempo devono “tenere i conti in ordine”. Non possiamo però protestare perché questo ci porrebbe nella condizione di rmsporchi, approssimativi traditori della causa del domani che è magicamente illuminata dalla dea “Rispetto-delle-regole”
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Passio
Ha capelli scuri, lunghi e lisci, che stancamente riporta dietro l’orecchio, mentre sull’altro tiene il telefono. Siede protesa in avanti con i gomiti appoggiati alle ginocchia. Sul volto ha un’espressione di dolore sconfinato, gli angoli della bocca rivolti in basso, gli occhi a tratti spalancati, a tratti socchiusi. Di tanto in tanto con un dito devia il corso delle lacrime che scendono. La telefonata è lunga, interminabile. Lei parla di rado e sembrano implorazioni intrise di rassegnazione. I colpi di luce sui capelli sembrano provenire da un’altra epoca. La donna si alza, compie qualche passo verso il mare, mettendo i piedi uno dopo l’altro come una suora stanca dispone i piatti vuoti in un triste refettorio.
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Quando la mente è l’arma
Quanto si può spezzare il legame sociale, fino a che punto si può spingere l’individualismo, prima di alimentare così tanta aggressività da causare invivibilità sociale e paura generalizzata? In tutto l’occidente cresce il numero di individui malformati dentro, impauriti, carichi di odio e di impulsi di rivalsa, afflitti da un vasto senso di perdita e di depauperamento. Desiderosi, semplicemente, di agire la propria distruttività. Non odiano qualcuno, odiano tutto. Basta che una quota di questi individui sia caratterizzata anche da disregolazione degli impulsi ed ecco che abbiamo gli ingredienti giusti per tanti episodi tra i quali l’omicidio di Civitanova è solo il più recente. Quando le persone divengono monadi, le più fragili soccombono, le più aggressive e disregolate diventano mine vaganti. Una volta spezzato, il legame sociale con le sue funzioni regolatrici non si può ricreare con decreti, né con bonus, né con farmaci. Nemmeno con tutto il denaro del PNRR.
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Quella tenerezza
Tutti siamo stati bambini aperti e curiosi, e se qualcosa ha acceso in noi un interesse, un significato, un desiderio, abbiamo imparato a condividerlo con altri umani dirigendo lì il dito indice. Osservare adulti compiere quel gesto mi regala la sensazione che, per un brevissimo attimo, si siano spogliati di tutte le loro sovrastrutture per rivelare il bambino aperto, curioso e ingenuo che tutti abbiamo sepolto in noi. Quella specie di sopravvivenza, quella tenerezza.
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Turisti per naso
Il portale ‘Visit Ukraine’ propone oggi vari tour incluso quello delle “città coraggiose” Bucha e Irpin. “Sentirete il battito del cuore di tutto il mondo libero”, scrivono, “Qui l’aria profuma di libertà”, “Siate testimoni della grande storia!”. Un po’ come se a II guerra mondiale in corso i tour operator avessero proposto visite ai luoghi delle stragi, ancora col sangue a terra. Ora, nella guerra 3.0, tutto è spettacolo e retorica. Tanti ucraini vivono nelle cantine da mesi, e alcuni da anni, ma che importa, chiamate i turisti! Se lì batte il cuore del mondo libero, preferisco un infarto. Se questo è il profumo di libertà, preferisco i bagni luridi delle vecchie stazioni, perché almeno lì, mescolato al puzzo, resta ancora un certo odore di verità. Non stiamo rischiando l’estinzione, ce la stiamo meritando.
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La fattoria degli animali al tempo dei draghi
Il nostro paese, come ormai tutti gli Stati del mondo ricco, si muove in un consesso di lupi dove i cittadini sono pecorelle nell’ovile. Draghi è un lupo rispettato dagli altri lupi, il che finora ha consentito all’ovile Italia di stare tranquillo perché esiste un codice d’onore tra lupi. In questo senso Draghi è la personalità giusta per guidare il paese. Solo in questo senso però.
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Pesci in uno stagno
Siamo pesci in uno stagno che si prosciuga giorno dopo giorno. Ma che fanno i pesci? Si fanno la guerra, facendo evaporare ancora più in fretta il poco che resta. Ora va così: le guerre si VINCONO. Lo dice la Russia, lo ripetono a squarciagola i due fantocci ucraini caricati a molla dagli USA. Come se dalla vittoria (?) in questa guerra dipendessero chissà quali destini, mentre è vero il contrario: è dalla sua continuazione o sua fine che dipendono i destini dell’umanità. Chi vince è del tutto irrilevante.