Nel 2022 si segnalano almeno cento milioni di profughi nel mondo. Profughi, sfollati, rifugiati… persone che hanno perso tutto e lo sanno. Poi ce ne sono molti altri, in costante crescita, certamente più agiati, che hanno perso cose invisibili ma preziose: identità, senso del futuro, appartenenza, un mondo giusto in cui desiderare vivere, e anche potere, potere su di sé e i propri cari, sulle proprie decisioni. In una parola: il senso, senso di esserci, di vivere, di contare. Oggi mi sento uno di loro.
Cammino in una giornata calda, una delle tante, guardo le crepe profonde nella terra, guardo il cielo terso senza nemmeno la più piccola pietà. Qui niente soldati, niente bombe, solo questa sensazione sorda in fondo alla pancia, il deserto che avanza lentamente, quasi senza farsene accorgere. Futuro che diventa sabbia, scorre via tra le dita. Armi, armi, servono più armi, parole che mi rimbalzano in testa.
Guardo passare una famigliola, due adulti e una bambina, avrà neanche dieci anni. Camminano diritti, decisi, la piccola ha tante cose da dire. Camminano guardando avanti come se ci fosse un domani. Come erba, cespugli e fiori popolano ogni lembo di terra. La bambina. Le cose importanti che ha da dire. Quell’incedere netto. La guardo ancora e penso: che ne sarà di lei? Che ne sarà di noi? Che ne sarà di tutto ciò che abbiamo di più caro? Il vento mi asciuga la pelle.